POESIA EVOLUTIVA

POESIA EVOLUTIVA
Sei un bruco che non sa come diventare farfalla

sabato 24 agosto 2013

CAP. 2 - LA SOFFERENZA E IL DOLORE



Un trentenne stimato e affermato viene coinvolto in una clamorosa ed inaspettata bancarotta. Angosciato e distrutto non si accorge che i soci in malafede ne fanno il "capro espiatorio". Senza nemmeno un centesimo, impaurito, abbandonato dagli affetti e sospettato di essere il peggior criminale si da alla fuga disperata. Supera da solo un tentativo di suicidio e decide di affrontare tutto e tutti a viso aperto. Accolto solo dai genitori riesce a mostrarsi e a dire la verità. 

Viene sottoposto per mesi alle reazioni e alle richieste di creditori, inquirenti, avvocati e criminali assoldati per recuperare il maltolto. 

Riesce a coinvolgere i soci potenti che credevano di poterlo distruggere, pur combattendo senza alcun mezzo economico. Recuperata un minimo di credibilità si affida alla giustizia. Dopo due anni viene sottoposto a 6 mesi di custodia cautelare di cui 4 in carcere. Il procedimento dura dieci lunghi anni. Si conclude con un patteggiamento di pena minima da scontare con affidamento al lavoro (svolto come operaio in varie fabbriche dove guadagna una stima incondizionata). 

In quei lunghi dieci anni accade di tutto: finisce il primo matrimonio e si allontana dal suo più grande affetto. Il figlio di 5 anni. Senza lavoro, amici, legami affettivi e mezzi economici riesce a lavoricchiare nel settore delle vendite dirette dove conosce la donna della sua vita. Anche lei con gravi problemi familiari dovuti ad un matrimonio sofferto e con tre figli. In seguito alle violenze subite dalla compagna, alla nascita di una figlia ed alle ristrettezze economiche, decidono di affrontare una nuova vita tutti insieme trasferendosi in Romagna dove il lavoro (molto umile) si trovava facilmente. Tra mille peripezie, contrarietà, mortificazioni e con l'aiuto delle organizzazioni cattoliche locali sono riusciti in un piccolo grande miracolo. Hanno educato e seguito i figli con amore, integrando in famiglia anche il figlio lasciato da lui anni prima con la madre. Hanno messo su casa, pagato parte dei debiti, maturato stima nel campo del lavoro e sociale. Tutto ciò cambiando casa 7 volte in dodici anni, superando gravissimi lutti familiari ed umiliazioni lavorative. I figli vengono additati quale esempio di serietà, educazione ed abnegazione. In particolar modo la più grande che ha affrontato e sposato con orgoglio e gran dedizione le vicissitudini familiari, manifestando sempre il suo forte legame affettivo con la famiglia. Ma a 25 anni, dopo essersi innamorata di un ragazzo di religione lefevriana, improvvisamente e senza alcun motivo apparente ha rinnegato la madre, i fratelli e quello che a suo dire è stato un grande padre putativo. Affermando inoltre pubblicamente di essere cresciuta con un pericoloso pregiudicato, un madre poco di buono e dei fratelli violenti e pericolosi. Ma anche questa sfida che la vita propone verrà affrontata con dignità e determinazione.

Potrebbe sembrare la succinta trama di un movimentato romanzo di fantasia.
Invece no. E' una storia verissima.
Parla di me e della mia famiglia.




SALIRE DAL FONDO

Ho toccato più volte il fondo.
Sgretolata la paura
coi piedi ho scostato il fango.
Soffocare no. 
Non potevo ingoiare 
quell'obbrobriosa melma.
Piedi battuti forte, reattivi,
spinti da un istinto ignoto.
Così ho spiccato il salto.
Così ho allontanato il fondo.
E poi giù. Di nuovo.
Ho picchiato più forte.
E ancora e ancora
fino a trovare l'aria.
Nuovo, assaggio un respiro.
Uno. Prima di ripartire
per l'ultimo rimbalzo.
Voglio baciare il sole.

Esiste davvero la sofferenza? Provoca dolore? A cosa serve? 
A parlarne in giro sembra di cogliere nella maggioranza dei casi che chi più chi meno è afflitto da forme variabili di sofferenza. E quando non ci colpisce direttamente si ha la tendenza a guardare la sofferenza degli altri. Non a caso i notiziari, i giornali e perfino gruppi di amici divulgano in primo piano le notizie più tristi e fastidiose (tranne nei casi in cui la nazionale vince i mondiali e l'uomo va sulla luna...). 
In effetti l'umanità ha costruito la propria storia sulla sofferenza ed ha catalogato molte migliaia di cause che la determinano. Per cui non possiamo affermare che non esista. Ma una stessa causa non provoca la stessa intensità di dolore in chi la percepisce o, meglio, la subisce. Diciamo quindi che la percezione determina la sofferenza e l'intensità di questa determina il dolore. Per esempio, la morte di un congiunto è una tipica causa di sofferenza. La percezione della morte è variabile, c'è chi non ne vuole nemmeno sentir parlare e chi, invece, è convinto che si tratti di un semplice passaggio ad una dimensione parallela che non determina la definitiva scomparsa di chi muore. In questo "range" si colloca una gradualità di vedute. I due estremi proveranno o un dolore inconsolabile o una serena accettazione.




NON V'E' DOLORE

Non v'è dolore
ove inutile giace
la morte.
Non v'è dolore 
dove mai 
ebbe conio denaro,
dove abbondanza
abbonda
come coperta
di aridi deserti.
Non v'è dolore 
in amorevoli sorrisi
stampati su volti
senza età,
nei cuori scongelati,
sulle pietre 
percosse dalla pioggia.
Non v'è dolore 
in smemorati cieli 
di arcobaleno
dopo la tempesta.
Nelle ceneri fumanti
delle umane illusioni.
Finché troneggia
coscienza del divino,
non v'è dolore.


Il mio viaggio mi ha portato ad accorgermi che il dolore non esiste. Una scoperta strana; sembra che la sofferenza mi segue di soppiatto, che cerchi un varco per manifestarsi. A volte, in occasione di eventi che spezzano improvvisamente le comode certezze su cui arbitrariamente ci appoggiamo, sembra dirmi: "Che fai, sono qui, dai, piangi un poco, intristisciti, rabbuiati, non dico di disperarti ma almeno un'imprecazione. E che diamine!" 
Eppure ho sofferto per anni. Una lunga parabola che è partita da zero per arrivare allo zenit per poi discendere sotto lo zero. 
Come si può dissolvere il dolore? In primo luogo bisogna soffrire molto. Le motivazioni non mancano a nessuno e tutte sono uniche e imprescindibili. Poi bisogna che esso si alimenti. Magari confrontandosi con altri sofferenti cronici che incontrandosi possano stabilire chi è messo peggio per poi impegnarsi a superare gli altri fino al punto di scoppiare. Se superi gli impulsi suicidi incominci a non guardare più fuori di te. Non credi più che qualcuno o qualcosa provoca tanta sofferenza. Inizi a percepire che il vero motivo risiede in una parte profonda dentro di te. Ma non riesci a capire dove. Allora comincia il lavoro interiore, quel conosci te stesso che è il punto di arrivo del viaggio meraviglioso che stai per intraprendere.
Sei al punto massimo della parabola. Parte la fase discendente. Comprendi che devi osservarti. Che ogni causa di sofferenza è una tua rappresentazione che differisce dall'immagine di te stesso costruita nella tua mente. Che ciò che dice la tua mente non corrisponde alla tua parte essenziale. Scopri di essere mutabile e che in ogni attimo ci sei e sei perfetto. Che in ogni attimo non vi è nulla che possa crearti sofferenza a meno che non esci dal presente e vai in un punto già vissuto o addirittura ancora da vivere.
E' proprio in queste proiezioni del passato e del futuro che si annidano dolore e sofferenza.
Ma non crederci... provaci!

ME

Mi spoglio di abiti spogli.
Nascondo celate virtù.
Rinuncio all'orgoglio
dall'onta sbocciato,
abbraccio il perdono
per odio attecchito.
Son muto 
all'urlar di un'offesa
son cieco
a volgare pretesa.
Vivo attimi 
impastati d'eterno,
salto indenne
sull'orrido inferno.
Non ho cura
delle pieghe del viso
ma lo adorno
con perenne sorriso.